Gesti d'Avvento

IV Domenica di Avvento – Rivestiti di mitezza

Vangelo
Lettura del Vangelo secondo Marco (Mc 1, 1-11)

In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!». Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània.

Riflessione

Gesù è un re indifeso, inerme. La sua mitezza e inermità introducono il ritratto di Gesù. Ma prima delle parole con cui Gesù parla di se stesso definendosi “mite e umile di cuore”, Matteo ci presenta Gesù in preghiera (Mt 11,25-27), ovvero nel luogo spirituale in cui trova la forza per essere mite, ovvero più forte della sua stessa forza così da far spazio ad altri, e di essere umile, ovvero di non innalzarsi, non insuperbirsi, ma porsi all’ultimo posto per poter sostenere gli altri. Umiltà e mitezza sono dunque gli atteggiamenti che i discepoli devono imparare da Gesù perché una vita cristiana ed ecclesiale possa sussistere. Non sono sinonimi di debolezza, ma di forza. Forza esercitata su di sé che diventa forza nei confronti degli altri. Mitezza e umiltà consentono di portare altri restando loro sotto, di sopportare il peso degli altri, il peso della vita comunitaria. Mitezza e umiltà si mettono a servizio della libertà dell’altro e impediscono gli atteggiamenti di dominio e di dipendenza.

Non ti cercheremo nelle altezze, o Signore,
ma in questa crocefissa storia dell’uomo,
dove tu sei entrato
conficcandovi l’albero della croce,
per lievitarla verso la terra promessa
con la forza contagiosa della tua Resurrezione.
Donaci,
di vivere in solidarietà profonda
col nostro popolo
per crescere e patire,
e lottare con esso;
per rendere presente,
dove tu ci hai posto,
la tua Parola di giudizio e di salvezza.
Liberaci da ogni forma di amore
falso e astratto,
per credere all’umile tuo amore,
a questa terra,
a questa gente.
B. Forte